Ricordi quando il telefono serviva solo per telefonare?
No?
Neanch’io.
Da quando le notifiche sono entrate nelle nostre vite, siamo passati dall’essere padroni dei nostri dispositivi al diventare loro maggiordomi. Ogni “beep” ci chiama all’ordine, come un campanello per un cameriere. Ma la domanda è: chi comanda davvero? Noi o loro?

Il bombardamento delle notifiche

Viviamo in un’epoca in cui ogni applicazione sembra credere che la sua notifica sia più importante di qualsiasi altra cosa tu stia facendo.
La tua app meteo vuole dirti che piove, anche se sei già sotto l’acqua o c’è il solleone.
Il tuo social network ti informa che qualcuno ha messo un like a una foto che hai pubblicato due anni fa.
Persino quel gioco che hai scaricato per noia durante le ferie (e non hai più usato) si sente in diritto di dirti che è disponibile una nuova sfida.
E poi ci sono gli aneddoti tragicomici.
Hai mai avuto il telefono che squilla per una notifica proprio nel momento clou di una riunione o di una visita medica?
Oppure, peggio, mentre tenti di fare colpo al primo appuntamento? Nulla, a parte i calzini corti bianchi, rovina l’atmosfera di una cenetta romantica (e, ovviamente, costosa) come il tuo smartwatch che vibra per avvisarti che hai fatto 50 passi in meno rispetto a ieri.

Chi comanda davvero?

Chi decide cosa è urgente?
Noi o il nostro dispositivo?
Le notifiche sembrano avere un loro piano malefico: catturare la nostra attenzione in qualsiasi momento, anche quando non è necessario.
Un semplice “beep” è sufficiente a distrarci, scatenando quella curiosità morbosa di sapere chi ci vuole, cosa vuole e perché proprio adesso. E non parliamo di quelli che hanno suoni di notifica improbabili come sigle del TG, sirene di ambulanze, esplosioni di bombe, treni lanciati a folle velocità ed altre amenità del genere.
Secondo alcuni studi, il suono di una notifica può attivare nel nostro cervello una reazione simile a quella che si prova con una piccola ricompensa.
È il principio della dipendenza, amici miei.
E noi siamo qui, a cercare conforto in quei piccoli numeri rossi accanto alle icone delle app, che sembrano dire: “Guardami, sono importante!”. Salvo scoprire che importanti non erano e che, magari, ti stavano proponendo solo la pubblicità di quel prodotto “indispensabile”

Strategie (semi-serie) di sopravvivenza

Come sopravvivere in questa giungla digitale? Ecco alcune tecniche testate (più o meno) personalmente:

  1. Il metodo “Silenzio di Tomba” Disattiva tutto.
    Non solo le notifiche sonore, ma anche quelle visive.
    Certo, il rischio è che ti dimentichi persino di avere un telefono.
    Ma vuoi mettere la pace?
  2. La tecnica del filtro zen Attiva solo le notifiche veramente utili.
    Ad esempio, quelle del calendario per ricordarti riunioni importanti.
    Ma attenzione: è un attimo ritrovarsi con il filtro zen che diventa un caos disorganizzato.
  3. L’opzione del caos controllato Convivi con le notifiche, ma imponi delle regole.
    Ad esempio, consulta il telefono solo una volta ogni ora.
    Sì, lo so, è più facile dirlo che farlo.

E poi c’è la soluzione estrema: lasciare il telefono a casa.
Ma in quel caso, passeresti l’intera giornata a chiederti se qualcuno ti ha scritto, vanificando tutto lo sforzo.

E, quindi?

Forse, alla fine, non è una questione di chi comanda: siamo solo due schiavi, noi e i nostri telefoni, di un sistema che ci vuole sempre connessi. Ma c’è speranza: possiamo ancora scegliere di spegnere tutto e tornare, almeno per un po’, a godere del silenzio.

“La tecnologia non è nulla. Quello che è importante è avere fiducia nelle persone, che siano fondamentalmente buone e intelligenti, e che se dai loro gli strumenti, faranno cose meravigliose.”

Steve Jobs