
ovvero: come non farsi odiare dagli odiatori
Avete presente gli haters? No, non parlo dei “criticoni”, quelli che ti dicono che la pasta è scotta o che preferivano la prima stagione di qualsiasi serie.
No, quelli sono nostalgici, non haters.
Gli haters, signori miei, giocano in un altro campionato. Sono come gli ultrà della negatività. Gente che se scopre che hai pubblicato una foto di te felice… ti scrive: “Che schifo di denti hai quando sorridi.” E magari tu manco sorridevi, stavi solo respirando.
L’hater è una figura mitologica della rete.
Mezzo umano, mezzo algoritmo.
Lo trovi nei commenti sotto i video motivazionali, sotto le canzoni d’amore, sotto i video dei gattini. Sì, anche lì. C’è chi commenta: “Che tenero!” E lui: “Il gatto è chiaramente sfruttato. Lo si vede dallo sguardo. VERGOGNATEVI.”
L’hater vive di tre cose: un Wi-Fi, una tastiera (anche virtuale) e una dose massiccia di risentimento universale. Il suo habitat naturale è la sezione “commenti”.
È lì che si nutre. Scrolla per ore, in cerca della sua preda preferita: la felicità altrui.
E appena la vede… zac! La sbrana con una GIF passivo-aggressiva e un “SEI RIDICOLO” scritto rigorosamente senza punteggiatura, in grassetto e tutto in maiuscolo!
Ma da dove vengono?
Chi sono? È gente che da piccola non è mai salita sul palco a scuola.
E ora si vendica a colpi di CAPS LOCK. O, magari, più semplicemente, è gente che ha scoperto che per essere rilevanti nel 2025 non serve avere qualcosa da dire. Basta dirlo con rabbia.
Hai un’opinione? Bravo. Ma se vuoi diventare virale… devi litigare. Io ho provato a capirli, gli haters. Ho cercato anche il dialogo. Una volta uno mi ha scritto: “Sei un idiota.” E io, ingenuamente, ho risposto: “Posso chiederti cosa ti ha portato a questa conclusione?” Lui: “Se lo chiedi, è perché lo sei.” Touché.
La verità è che non puoi battere un hater con la logica. Perché l’hater è oltre la logica e i sillogismi. È un Jedi del disprezzo. Tu provi a usare la ragione, e lui ti risponde con un meme di un panda che vomita arcobaleni e la scritta “FAI SCHIFO”. E il paradosso più bello? Molti haters odiano chi… odia. Scrivono cose tipo: “Siete tutti uno schifo, fate solo odio, fate schifo, vi odio.” E uno dice: “Ma… lo stai facendo anche tu?” E lui: “Eh ma io lo faccio per un motivo.” Certo, anche le invasioni barbariche erano “per un motivo”, ma non è che possiamo giustificare tutto.
Poi ci sono gli haters educati. Quelli che ti offendono con garbo. “Scusa se lo dico, ma sembri uscito da un esperimento genetico malriuscito.” Eh beh, grazie per la delicatezza.
Ma allora… come si sopravvive agli haters? Due sole opzioni.
Ignorare. L’arte del silenzio digitale. Come dicevano i saggi: “Don’t feed the troll.” Non dargli da mangiare. Ma dentro soffri. Eh sì, perché leggere certe cose ti tocca. Anche se fai finta di no. Anche se dici “Ma sì, chi se ne frega”. Poi però ti svegli alle tre di notte con la voce dell’hater in testa che ti dice: “Non sei divertente. E hai la faccia storta.”
Rispondere con ironia. Giocarsela sul piano del nonsense. Tipo: Hater: “Fai schifo.” Tu: “Grazie, anche a te! È sempre bello ricevere un feedback costruttivo.” Ma è pericoloso. Perché l’hater non si arrende. È come quei boss nei videogiochi che quando li sconfiggi… si trasformano in qualcosa di peggio.
Alla fine, forse, l’unico modo per batterli è non diventare come loro. Perché, ammettiamolo, ognuno di noi è stato un piccolo hater almeno una volta. Magari non abbiamo scritto: “Spero che esploda la tua Wi-Fi”, ma abbiamo pensato: “Che fastidio questo che posta sempre foto al mare.” Ecco. Quella è la scintilla. Il primo passo verso il lato oscuro.
Quindi, amici, se volete davvero contrastare gli haters… Non servono crociate digitali. Servono cuori, sarcasmo e un dito fermo prima di cliccare “Invio”. E ricordate: l’ironia salverà il mondo. Forse non dai commenti cattivi… ma almeno dal prenderli troppo sul serio.