Lavorare con un’Intelligenza Artificiale di ultima generazione è un po’ come avere un collega brillante, velocissimo, sempre disponibile e… che ogni tanto ti fa venire voglia di spegnere quella specie di centrale nucleare che usi come ufficio e tornare a carta (pergamena) e penna (magari piuma d’oca, sperando che il pennuto non sia in sciopero).

Perché, diciamocelo, queste IA che spuntano come funghi in un bosco di querce in autunno sono incredibili: generano testi, immagini, codice, musica, persino ricette di cucina (ma io vorrei vederle alle prese con la ricetta delle sarde a beccafico … sperando che poi non mi proponga la preparazione di un sushi al pistacchio di Bronte). Eppure, c’è sempre quel momento in cui ti chiedi: Ma sta capendo davvero quello che le chiedo o sta solo bluffando alla grande?”

L’IA: tra genio e supercazzola

Il bello (o il brutto) di queste nuove IA è che rispondono con una sicurezza sfacciata. Se gli chiedi chi ha inventato il gelato al pistacchio, non solo ti danno un nome, ma magari ci aggiungono pure un aneddoto dettagliato su un certo pasticciere del ‘700 che ha avuto l’idea mentre passeggiava per Palermo. Peccato che poi vai a verificare e scopri che quel pasticciere non è mai esistito e che la domanda era inutile perché il gelato al pistacchio in fondo non ti piace per niente. Ma poco importa: l’IA non si scompone, non arrossisce, non si scusa. Al massimo, con tono quasi condiscendente, ti dice: “Ops, hai ragione! Ecco la risposta corretta!” (che magari è un’altra invenzione di sana pianta). E tu lì a chiederti se il gelato al pistacchio sia mai esistito davvero.

Il momento in cui la “cosa” inizia a inquietarti

Poi ci sono quei momenti in cui pensi che l’IA ti conosca un po’ troppo bene. Scrivi un mezzo messaggio e lei lo completa con inquietante precisione. Ti suggerisce la risposta perfetta a un’email prima ancora che tu l’abbia letta. Ti propone idee per articoli che… accidenti, sono proprio quelle a cui stavi pensando (confesso, questa me l’ha suggerita proprio ChatGPT. Coincidenza? Io non credo…). E a quel punto sorge il dubbio: “Sono io che guido l’IA o è lei che mi sta leggendo nel pensiero?

Tra comodità e perdita di identità

Lavorare con l’IA è comodissimo, ma ha un piccolo effetto collaterale: rischi di abituarti troppo. Ti affidi a lei per riassunti, traduzioni, correzioni, brainstorming… e un giorno ti rendi conto che non sai più scrivere un’email senza il suo aiuto. Un po’ come quando usi sempre il navigatore e poi, senza, non riesci neanche a trovare la strada per andare nel bagno di casa. E ti ritrovi in cucina a chiederti cosa stessi cercando.

Alla fine, la domanda è sempre quella: l’IA ci sta aiutando o ci sta lentamente sostituendo? Per ora, possiamo ancora dire di essere noi a tenerla sotto controllo. Ma se un giorno dovessi trovare un articolo pubblicato sul tuo blog… e non ricordarti di averlo scritto tu, forse sarà il caso di preoccuparsi.