È vero, nessuna norma di legge impone agli Enti del Terzo Settore (ETS) di gestire la Transizione al Digitale, obbligo che incombe su tutti gli Enti Pubblici iscritti nell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA). Qualche dirigente di ETS sicuramente mi dirà: “Ci mancherebbe altro, ne abbiamo già troppe con il RUNTS, il famigerato Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, le norme sulla contabilità, gli obblighi ai quali dobbiamo adempiere e che sono sparpagliati in una miriade di leggi e decreti dispersi ogni dove”.
Impossibile dargli torto eppure, a pensarci bene, la Transizione al Digitale e, di conseguenza la trasparenza, l’accessibilità e l’usabilità dei siti web, dovevano essere uno dei compiti proprio delle Organizzazioni di Volontariato (OdV), delle Associazioni di Promozione Sociale (APS) e, più in generale di tutti gli ETS. Forse se il Terzo Settore si fosse, come è solito fare, attivato prima della Pubblica Amministrazione avremmo avuto norme più chiare, più flessibili, più adeguate al terzo millennio.
Salvo dare per acclarato che gli ETS esistono solo per “mettere delle pezze” alle falle della Pubblica Amministrazione, per fare da “stampella” ad uno Stato lento e a volte zoppo che non riesce ad arrivare dappertutto.
WEB e Terzo Settore
Vi sfido a trovarmi una OdV, una APS, un ETS che non abbia il proprio sito WEB, o almeno la propria pagina Facebook o un profilo Twitter o Instagramm. Quando non tutti e quattro insieme. E ora vi invito a contare quante di queste pagine, spesso gestite da Volontari con poca conoscenza, tanta buona volontà e zero esperienza, sono usabili, sono perfettamente trasparenti, sono completamente accessibili.
E che, soprattutto, siano state realizzate tenendo bene a mente quelli che sono gli scopi e le finalità associative. Quelle che noi dirigenti siamo stati tanto bravi a descrivere nello Statuto. Eppure un ETS dovrebbe sapere bene chi sono ai cittadini ai quali propone i propri servizi, dovrebbe conoscere perfettamente la “buona causa” che dovrebbe spingere chi può ad aiutare gli altri anche economicamente, quale strategia è possibile adottare per incrementare la propria base di volontari. In tre parole dovrebbe “conoscere il contesto”. E usarlo anche sul web.
Il Responsabile per la Transizione al Digitale nel Terzo Settore
Per aggiustare tutti i guasti già presenti e quelli futuri, il Codice per l’Amministrazione Digitale (CAD) ha previsto una figura, il Responsabile per la Transizione al Digitale, che ha il non facile compito di coordinare tutti gli uffici coinvolti, risolvere le inevitabili resistenze, tenere d’occhio i feedback degli utenti e discutere con la software-house che gestisce la parte tecnica dell’infrastruttura informatica.
Un compito che, nella PA, è affidato a un dirigente, spesso laureato in Ingegneria Informatica o Informatica. Una figura improponibile a una OdV, una APS o un ETS di normali dimensioni che, troppo spesso, deve fare i conti con le difficoltà del rinnovo delle cariche associative. Eppure la Transizione al Digitale, anche nel Terzo Settore, “necesse est”.
Mi viene spontanea una domanda. Non potrebbe rientrare nei compiti di un Centro Servizi Volontariato (CSV) collaborare con gli ETS associati per gestire la Transizione al Digitale e formare le figure dei Responsabili per la Transizione al Digitale?