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I Poliambulatori sono un gran brutto posto. Un posto dove siedi a un metro di distanza dall’omaccione che, “gonfio di cibo e di vino”, si lamenta ad alta voce della lunga attesa per avere una dieta (che certamente lui non seguirà) mentre di fronte a te una bella donna, nel fiore della sua maturità, giocherella sorridente con il tubo del sacchetto del drenaggio che le spunta fuori da un maglione troppo largo per lei e che maldestramente nasconde la tragica realtà che la targhetta sulla porta recita: “Ambulatorio Senologia”.

E tu, che aspetti una visita di un chirurgo plastico, ascolti e pensi. Pensi al tuo impegno da Volontario in una OdV che, come tutti gli Enti del Terzo Settore dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) avere il compito di “tutelare i diritti dei cittadini”. E ti chiedi “ma cosa sto facendo, cosa fa la mia associazione per tutelare queste persone?”

Certo il Terzo Settore non è una confederazione di Sindacati ma, almeno secondo me, dovrebbe essere qualcosa di più grande. Già, perché le OdV, le associazioni, raccolgono un numero impressionante di associati. E se solo il 10% di questi cittadini, che dovrebbero credere nei principi e nello scopo sociale delle loro associazioni, dovessero scendere in piazza potrebbero far impallidire le “oceaniche” manifestazioni di questi ultimi mesi. E invece? Invece nulla. “tutelare i diritti dei cittadini” è un eufemismo usato da direttivi fatti da persone troppo vecchie (anche se anagraficamente giovani) per difendere una poltrona, a raccontarci quanto siamo stati bravi, quanto di diverso e di meglio siamo riusciti a fare.

La colpa siamo noi

Se vogliamo essere obiettivi dobbiamo riconoscere, onestamente, che quando le cose non vanno bene, è perché abbiamo, drammaticamente, imparato a esteriorizzare la colpa, imparato a scaricare su altri le responsabilità personali e del nostro clan. “Siamo vittime innocenti di un male che viene da fuori” recriminiamo ogni giorno. Facendo riferimento a qualcosa di impreciso (lo Stato, la Società, il Capitalismo, il Comunismo) nel quale concentriamo, in una assurda celebrazione di un “sacro mistero”, la vera causa del malessere, dell’oppressione della quale ci sentiamo vittime.

Non voglio negare che molte condizioni di disagio sono provocate da cause concrete. Cause concrete che preferiamo generalizzare, mentre dovremmo analizzare, passo passo, il problema. Con il deprecabile risultato che il disagio e la sua causa si trasformano in uno slogan. Facendo, stupidamente, il gioco di chi non vuole che le cose cambino. Personalmente non voglio più farmi condizionare da vocaboli che stanno immobili e, purtroppo, muti. Serve una rivolta interiore. Piuttosto che chiamare a raccolta la ciurma per (non) farsi giustizia da soli, dobbiamo operare una rivolta interiore.

Le OdV e i Giovani

Oggi i giovani vivono un grande malessere a causa del senso di impotenza rispetto a un sistema che, apparentemente, non intendono combattere. E non per apatia o perché non hanno un’etica. Semplicemente perché la società, noi adulti dai nostri scranni, li abbiamo drogati con i nostri “Io non c’entro”, rendendoli apatici, privandoli di un’etica.  Cosa rispondiamo, noi sedicenti “persone mature”, alla domanda “che cosa ci faccio io qui?” che i giovani, quotidianamente, ci rivolgono silenziosamente e, rumorosamente, rivolgono a se stessi? Indichiamo loro un traguardo, nella migliore delle ipotesi un obiettivo, ma li obblighiamo su percorsi imposti dall’alto: “o così, o così!”.

Quante volte, negli ultimi sei mesi, nell’ultimo anno, abbiamo chiesto a un giovane, a uno di quelli che la società delle tecnologie chiama “millennial”, quale è la strada da percorrere per raggiungere i nostri scopi sociali? Quante volte ci siamo seduti a fianco a uno di loro, sottolineo a fianco e non di fronte, per parlare, a pari livello, dei problemi di questo vecchio e stanco mondo? E poi, ipocritamente, abbiamo il coraggio di lamentarci che i giovani non ci seguono su quei social che loro si sono inventati e che noi abbiamo letteralmente e maldestramente scippato dalle loro mani. Siamo come “sepolcri imbiancati”; ci riempiamo la bocca con dichiarazioni di intenti sul passato, su ciò che non è più, e magari anche sul futuro, su ciò che non è ancora, condannando gli altri.

Dimenticando il fondamentale “hic et nunc”, QUI e ORA. Perché è QUI e ORA che si cambia il Mondo, cambiando, prima di tutto, NOI STESSI. E se ci sentiamo troppo stanchi e troppo vecchi per poter fare una rivoluzione interiore, almeno cerchiamo di fare una bella cura di responsabilità.