Ormai lo smartphone è diventato parte del nostro abbigliamento, una specie di tutina da supereroe della quale non riusciamo a fare a meno. I nostri dispositivi mobili con decine di app installate e decine di migliaia disponibili, restano accesi 24 ore su 24 ore per sette giorni su sette, connessi permanentemente, grazie a Internet, agli amici, ai familiari, alla musica preferita, alle ultime notizie dandoci l’illusione di vivere in un mondo a “connettività costante”.
Eppure non molto tempo fa, credetemi io quell’epoca l’ho vissuta, ai tempi in cui dovevamo utilizzare una connessione dial-up per controllare le nostre e-mail o chiamare le nostre segreterie telefoniche da un telefono pubblico per vedere perché un amico era in ritardo, l’ideale sembrava essere proprio un mondo connesso sempre e ovunque.
Oggi, grazie all’evoluzione degli smartphone, abbiamo a disposizione una connettività quasi magica mai vista nella storia umana. Gli assistenti vocali ci consentono di impartire ordini agli oggetti domestici anche se siamo all’altro capo del mondo, avere informazioni istantanee sulle persone, celebri o no, su quello che succede intorno a noi. Con uno smartphone in mano ci sentiamo tutti Wonder Woman o Superman. Ci sembra di avere il “potere assoluto”.
Ma come il lato oscuro della luna, quello che facciamo finta, a dispetto degli allarmi degli studiosi e dei medici, di ignorare, sono le conseguenze negative di tutta questa tecnologia. la sua influenza nella nostra vita quotidiana, che possono portare alla dipendenza dal dispositivo, alla completa scomparsa del confine fra la nostra vita fuori e quella dentro le mura domestiche.
Non sto dicendo che gli smartphone hanno smesso di essere utili per noi e sono diventati, invece, strumenti del diavolo oppure ostacoli per le nostre vite. Sto cercando, maldestramente, di dire che gli smartphone ci impongono sfide personali che dobbiamo analizzare fin dalle origini del fenomeno se vogliamo trovare una soluzione.
Una breve storia del progresso dei telefoni cellulari
Dall’apprendimento e definizione del linguaggio parlato e scritto in poi, gli esseri umani hanno cercato di connettersi meglio l’uno all’altro ma, certamente, il telefono cellulare è uno dei progressi più significativi in questa corsa per comunicare. L’idea di telefono radiomobile segue di poco l’invenzione della radio e del telefono classico, siamo agli anni immediatamente precedenti la Seconda Guerra Mondiale, ma solo alla fine del XX secolo, nel 1983, è stata introdotta, negli Stati Uniti la rete di cellulare di prima generazione (1G).
Anche se i primi cellulari erano enormi e la rete poco efficiente, la richiesta del mercato fece rapidamente evolvere la tecnologia prima con il 2G nel 1991 e dopo dieci anni, nel 2001, con l’arrivo del 3G. Anche il concetto di combinare informatica e telefonia precede il lancio della telefonia cellulare ma è solo nel 1994 che si sono visti i primi smartphone, telefoni intelligenti, che oggi sono diventati quasi indispensabili.
Mentre cresceva la tecnologia si è scatenata una guerra commerciale fra le compagnie telefoniche, che cercano di offrire connessioni con grosse quantità di dati a prezzi concorrenziali, e fra i produttori di smartphone che mentre presentano l’ultimo modello annunciano già “la prossima grande cosa”.
Nomofobia, malattia del terzo Millennio
Cerchiamo di essere obiettivi e pensiamo a cosa abbiamo guardato di più durante la giornata. Molto probabilmente la risposta non sarà la famiglia o gli amici e nemmeno la televisione o i libri ma, quasi certamente, lo smartphone, sul quale, uno dopo l’altro, arrivano e-mail di lavoro, messaggi istantanei, notifiche dai social network e dai social media che rendono indispensabile la presenza del telefono cellulare. Una situazione che, in casi estremi può causare la “nomofobia”, un disturbo che gli esperti hanno descritto come la malattia del 21° secolo.
La nomofobia rappresenta la paura irrazionale di stare senza un cellulare. Il termine è stato coniato nel 2009 nel Regno Unito e deriva dall’anglicismo “nomophobia” (“no mobile-phone-phobia”). La dipendenza dal dispositivo elettronico provoca una sensazione di comunicazione infondata nell’utente che non possiede il dispositivo, sia perché lo ha lasciato a casa, sia perché la batteria è scarica o perché si trova fuori dall’area di copertura.
Sebbene l’OMS non abbia ancora classificato la nomofobia come una patologia mentale, gli esperti avvertono della crescente dipendenza da questo dispositivo elettronico sin dalla comparsa degli smartphone la cui diffusione, come abbiamo visto, è stata esponenziale. Le conseguenze psicologiche più comuni della nomofobia sono ansia, depressione o isolamento: si vive nella falsa illusione che i telefoni cellulari ci tengano in contatto con gli altri, ma il problema reale e che le relazioni virtuali sostituiscono quelle faccia a faccia.
I ricercatori hanno sviluppato un test di nomofobia per se siete affetto da questo disturbo. Il questionario chiede agli intervistati di valutare la misura in cui sono d’accordo o in disaccordo con alcune affermazioni ed è possibile farne una versione semplificata direttamente online, magari direttamente dallo smartphone, se l’avete con voi.