Foto di Alexas_Fotos da Pixabay

… ma a volte …

Ieri mattina, mentre facevo colazione guardando distrattamente i titoli del telegiornale, mi arriva a bruciapelo una domanda: “tu che lavori con i computer mi spieghi che cosa è un riscatto in cybervaluta?”. A momenti mi strozzavo con una fetta biscottata mentre facevo mente locale alla domanda e soprattutto da chi me la faceva.

La mia risposta, ovvia, è stata “perché?” ma quello che mi ha sconvolto è stata la risposta “Ho visto un titolo scorrere: Minaccia di avvelenare cibo e bevande in un supermercato e chiede un riscatto in cybervaluta”.  Ora, a parte la difficoltà di dover spiegare cosa è una cybervaluta a una settantenne che conosce l’informatica solo per usare Facebook o per mandare i suoi “buongiornissimo” alle amiche su WhatsApp, mi resta un dubbio: cosa c’entra la cybervaluta con la notizia?

Se il riscatto fosse stato chiesto in banconote usate da 50 euro in una valigia di pelle sintetica nera da 50 x 70 x 25 il dettaglio sarebbe entrato nel titolo? O forse il termine “cybervaluta” è stato usato solo per colpire l’immaginario e demonizzare un fenomeno finanziario di notevole impatto? O forse chi ha scritto quel titolo voleva solo dimostrare al “povero ascoltatore ignorante” che in materia di tecnologia lui ne sa di più.

In ogni caso al signore, e sono buono a definirlo così, vorrei chiedere di spiegarmi che cosa è una cybervaluta, che cosa sono le blockchain, che cosa è il mining, come si fa trading online, eccetera, eccetera e, ancora una volta, eccetera. Perché se non sa queste cose, sulle quali fior di cervelli hanno sudato sangue e sulle quali fior di analisti continuano a lavorare giorno e notte, forse farebbe meglio a non usare termini alla moda solo per far colpo su una audience poco informata e millantando una conoscenza che non ha.

Quindi: “non sparate sul cronista” ma quando c’è vò, c’è vò!