(Premessa: non sono contro i giornalisti, mia figlia è una giornalista iscritta all’albo e me ne vanto. Sono contro la cattiva informazione, contro il sensazionalismo dei titoli, contro l’uso di termini impropri o inventati per attirare il pubblico)

Sono riuscito solo oggi a leggere tutto l’articolo l’articolo di Natascia Ronchetti apparso su “Il Fatto Quotidiano” lo scorso 31 luglio 2022 e me ne dolgo. Forse il mio subconscio sperava che una risposta venisse dall’ufficio stampa del CNT, l’unico “istituzionalmente accreditato” per rispondere su un tema tanto delicato quale la donazione e il trapianto di organi. Oggi, visto che ho un paio di giorni liberi da impegni di volontariato (già, perché fare il volontario è un impegno verso la società e non un modo di trascorrere il tempo libero), mi permetto di dire la mia.

Forse con un filo di polemica che, comunque, ci sta con il titolo del pezzo in questione: “I killer del mio Nicholas? Hanno fatto una bella vita”. Un titolo ad effetto da “Sbatti il mostro in prima pagina”, soddisfa la voglia di vendetta delle masse, bruciamo le streghe. Lo spunto per il titolo da uno sfogo di un padre orfano che non parla di “bella vita” ma di fine pena per uno e di “buona vita” per l’altro diventato collaboratore di giustizia.  Cose decise dai giudici di diversi livelli dell’ordinamento giudiziario italiano, notoriamente diverso da quello degli Stati Uniti sia nel metodo sia nelle pene.

E se proprio vogliamo parlare di “bella vita” dei killer di Nicholas perché non parlare della “bella vita” che continuano a fare, in Italia, le migliaia di killer che per omissione o con un semplice “No” sono riusciti a privare del diritto alla vita migliaia di ammalati in attesa di un trapianto? Opporsi alla donazione di organi di un familiare clinicamente morto significa, non nascondiamoci dietro un dito, premere il grilletto di un’arma letale. Fare disinformazione (informare male) o, peggio, omettere di informare i cittadini sui temi della donazione e del trapianto di organi per me equivale a essere complice di chi dice quel “no”. Come il conducente dell’auto da dove sparò il killer di Nicholas, quello che, condannato a vent’anni di carcere “ha scontato la pena ed oggi è libero”.

Poi, leggendo l’articolo della Ronchetti, il mio evidenziatore giallo si è accanito sul termine “espianto” inserito, fuori contesto, nella frase “… hanno autorizzato l’espianto e la donazione …”. Già, perché, nel mondo dei trapianti, l’espianto, almeno per quello che ne so io e con buona pace dei vari vocabolari online e non, indica “l’atto chirurgico di rimuovere un organo già trapiantato dal ricevente quando se ne verifichi la necessità”. Cosa completamente diversa dal prelievo che è “l’atto chirurgico di togliere uno o più organi ad un donatore per trapiantarli ai riceventi”. Usare il termine espianto al posto di prelievo è quindi scorretto e fuorviante. Per fare un paragone botanico si espiantano le infestanti e le piante malate che potrebbero compromettere le coltivazioni; si trapiantano piante sane per migliorare la produzione. La catena linguistica corretta è una sola: Donazione -> Prelievo -> Trapianto.

Dire, poi, che l’Italia “… un tempo pecora nera dell’Europa, oggi ha una percentuale di donazioni tra le più alte al mondo …”, ancora una volta significa, per dirla con le parole di Camilleri, “cuntare la mezza missa”, raccontare una mezza verità. Senza uno straccio di dimostrazione numerica. Numeri che ci dicono che le percentuali di opposizioni alla donazione di organi continuano a salire (dal 28,6% del 2021 al 29,2% dei primi sei mesi del 2022) con regioni “ex virtuose” come l’Umbria balzata dal 20% di opposizioni nel 2021 a un drammatico 55,6% nel primo semestre 2022. Insomma, forse gli altri paesi sono nella melma fino al naso ma in Italia la melma si avvicina alla bocca.

Parlare di donazione e trapianto con cognizione di causa significa dire che nel 2021 nelle liste di attesa di un organo sono transitati 12.648 pazienti, che solo il 28% (3.484) hanno ricevuto il trapianto, che i morti in lista sono stati 430 (uno ogni 20 ore), e che 519 sono usciti dalle liste. Su quest’ultimo dato mancano indicazioni ma non credo che ci siano state tante “guarigioni miracolose”. Piuttosto, penso e sono convinto, che in questi casi lo stadio raggiunto dalla malattia abbia reso il trapianto terapeuticamente inutile. Quanti di questi 519 sono morti dopo essere usciti dalle liste dove sono rimasti due, tre, cinque anni, in attesa di un trapianto mai arrivato?

Parlare del cosiddetto “Effetto Nicholas” sul numero delle donazioni effettuate nei dieci anni successivi al tragico evento significa addentrarsi in un terreno dove i dati ufficiali sono pochi. È vero che nel 1993 i donatori effettivi erano stati 360 e balzarono a 445 nel 1994 (+24%) e poi a 576 nel 1995 (+29% rispetto al 94) ma poi negli anni successivi i valori di incremento annuale si sono attestatati fra il quattro e l’undici percento annuo, con una media nel decennio del 10% circa. Quali altri fattori hanno influenzato questi incrementi? Come è cresciuta la rete trapiantologica Italiana nel corso degli anni?

Ma tralasciamo i numeri e torniamo al centro del problema: all’uomo, alla comunità, allo Stato.

Per fare un trapianto serve un organo. Per avere un organo serve un donatore. Il risultato è che senza donatori non si possono fare trapianti. Ma chi è il donatore in Italia?

Se ci rifacciamo alla Legge, alla famigerata Legge 91 del 1999, in Italia vige, teoricamente, il principio del “silenzio assenso”. Secondo il comma uno dell’articolo 4 della 91/99, infatti, “i cittadini sono tenuti a dichiarare la propria libera volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti del proprio corpo successivamente alla morte, e sono informati che la mancata dichiarazione di volontà è considerata quale assenso alla donazione”.

Sembrerebbe semplice, ma non lo è. Manca un decreto del Ministro della Sanità chiaramente definito nel successivo art. 5 della Legge 91. Decreto che personaggi del calibro di Rosy Bindi (primo e secondo Governo D’Alema), Umberto Veronesi (secondo Governo Amato), Girolamo Sirchia (secondo Governo Berlusconi), Francesco Storace (terzo Governo Berlusconi), Livia Turco (secondo Governo Prodi), Maurizio Sacconi e Ferruccio Fazio (quarto Governo Berlusconi), Renato Balduzzi (Governo Monti), Beatrice Lorenzin (Governo Letta, Governo Renzi 2 e Governo Gentiloni), Giulia Grillo (primo Governo Conte) e Roberto Speranza (secondo Governo Conte e Governo Draghi), NON SONO RIUSCITI AD EMANARE! (ma poi volevano emanarlo?).

Forse, piuttosto che parlare e sbattere i presunti “mostri” in prima pagina, i giornalisti dovrebbero sbattere in prima pagina questi mostri vestiti da ministri. Mostri che portano sulla coscienza una strage infinita di morti causati dal fatto che ancora oggi, nella culla della civiltà e del diritto, si debba chiedere alle persone sbagliate, nel momento peggiore, quello che non si dovrebbe mai chiedere.