
Nell’universo misterioso della trasformazione digitale, ci sono creature che non vediamo mai, ma senza le quali tutto si fermerebbe all’istante. Sono le API, sigla altisonante che sta per Application Programming Interface. Un nome che fa subito pensare a qualcosa di tecnico, complicato e, ovviamente, costoso.
In realtà, le API sono molto più semplici di quanto vogliano farci credere. Sono dei ponti, delle strade di collegamento che permettono a programmi diversi di parlarsi senza che si lancino addosso messaggi incomprensibili o peggio, errori fatali. Se oggi possiamo ordinare una pizza dall’app preferita, controllare il saldo del conto in banca o prenotare una visita medica online, dobbiamo dire grazie proprio a loro.
Il problema nasce quando la parola “API” viene usata un po’ come si usava “il tempo” nei temi delle scuole elementari: per riempire i vuoti. Molti programmatori, davanti a una richiesta anche banale, tirano fuori l’aria grave e il classico “bisogna sviluppare delle API”. E lì, come per magia, il preventivo inizia a salire, il calendario si allunga, e il progetto che sembrava una passeggiata diventa improvvisamente una spedizione sul K2.
Va detto che a volte l’allarme è fondato. Costruire delle API fatte bene non è uno scherzo. Richiede metodo, attenzione, pazienza, competenze vere. È come progettare una lingua comune tra due popoli che non si sono mai incontrati: serve chiarezza, sicurezza, capacità di evolversi nel tempo senza creare caos. In questi casi, è giusto che il lavoro venga riconosciuto e pagato per quello che vale.
Altre volte, però, il dramma è molto meno epico. Capita che esistano già delle API pronte, magari offerte dal sistema che dobbiamo collegare, e che usarle sia una questione di poche righe di codice. In queste situazioni, l’evocazione solenne dell’API serve più a giustificare il raddoppio del preventivo che a risolvere un reale problema tecnico.
Quando sentiamo parlare di API come di una misteriosa entità che obbliga a ripensare l’intero progetto, conviene fare domande semplici ma dirette. Chiedere, ad esempio, quali sistemi devono comunicare e in che modo. Domandare se esistono soluzioni già pronte o se davvero bisogna costruire tutto da zero. E soprattutto, pretendere spiegazioni chiare, senza balbettii da prestigiatore col trucco mezzo svelato.
Le API sono, davvero, il motore invisibile della modernità digitale. Ma come ogni motore, non sempre è necessario smontarlo pezzo per pezzo per farlo andare avanti. A volte basta solo un po’ di buon senso, e un meccanico onesto.