
Ovvero: il pianeta non ha bisogno di essere salvato. Noi sì.
Se la storia della Terra fosse un film, quella dell’umanità sarebbe l’ultimo dei titoli di coda. Non la parte coi nomi grossi (“Regia: Alfred Wegener”, “Costumi: l’Era Glaciale”, “Effetti speciali: Supernova di Tipo II”), ma proprio in fondo, quelli piccoli piccoli: “Grazie a Homo sapiens per la partecipazione straordinaria. Fine.”
Eppure noi, con l’entusiasmo del figurante che si crede protagonista, ci agitiamo, promettiamo, legiferiamo e lanciamo campagne per “salvare il pianeta”.
Ma (notiziona dell’ultim’ora): il pianeta non ha bisogno di essere salvato. Noi sì.
Il pianeta ha 4,5 miliardi di anni. Noi 5 minuti.
La Terra ha sopportato impatti di meteoriti giganti, eruzioni catastrofiche, cinque estinzioni di massa e le mode degli anni ’80. E ha sempre trovato il modo di reinventarsi.
Ha tempi lunghi, lunghissimi. Non porta l’orologio, porta un calendario geologico.
E se anche portasse l’orologio, la nostra specie non riuscirebbe nemmeno a percepire il movimento della lancetta dei secondi.
Noi invece… siamo qui da un attimo. Abbiamo costruito grattacieli, SUV, app per comprare grattacieli e SUV, e ci sorprendiamo quando la temperatura in città supera quella di un bambino con l’influenza (leggera).
Il caldo estremo? È la Terra che ci sta togliendo il benvenuto
Fa caldo, certo. Fa così caldo che le cicale chiedono l’aria condizionata.
I ghiacciai si ritirano con la stessa fretta con cui gli invitati lasciano un matrimonio estivo al Sud.
E la colonnina di mercurio ha smesso di ridere.
Non ci sono più le mezze stagioni? Forse. Ma restano quelle classiche: primavera, estate, autunno e inverno… tutte concentrate in un singolo mese. A volte in una sola settimana. Talvolta in 24 ore.
I telegiornali aprono con immagini di asfalto fuso, grandinate violente, frane e alluvioni, condite da frasi tipo: “È l’ora di agire.”
Ma… agire chi? E agire come?
I governi promettono di salvare il pianeta (ma non spegnere l’aria condizionata)
Ad ogni summit sul clima, i leader del mondo si stringono la mano, firmano protocolli, si impegnano a tagliare le emissioni.
Naturalmente dopo esserci arrivati ciascuno col proprio jet, riunendosi in saloni climatizzati, consumando — in una riunione — abbastanza risorse (rigorosamente non rinnovabili, per carità) da far vivere una famiglia per un anno.
Protocolli che entreranno in vigore dal 2050. Forse. Se tutto va bene.
Nel frattempo, continuiamo a estrarre, bruciare, consumare, scaldare.
Ma con moderazione, eh.
È un po’ come dire: “Il Titanic sta affondando, ma abbiamo ordinato più champagne per la prima classe.”
La verità: stiamo cercando di salvare uno spazio vitale per noi
“Salvare il pianeta” è una bella frase da cartellone pubblicitario o da pseudo-organizzazione di pseudo-volontari.
Ma la verità è semplice: vogliamo salvare le condizioni che ci permettono di vivere decentemente (secondo la nostra idea di decenza).
Clima stabile, stagioni prevedibili, agricoltura funzionante, città non sommerse.
Non stiamo salvando la Terra. Stiamo cercando di evitare che la Terra diventi inospitale per noi.
Perché lei, il suo equilibrio, prima o poi lo ritrova. Con o senza di noi.
Epilogo (con musica malinconica in sottofondo)
Siamo nei titoli di coda. Ma non è detto che siano già impressi nella pellicola.
Possiamo ancora riscriverli. Possiamo passare da “comparse rumorose” a “personaggi secondari ma sensati”.
Magari non salveremo tutto. Ma possiamo lasciare un finale degno, con un po’ di speranza. Che non guasta.
Dopotutto, anche nei film più drammatici, c’è sempre spazio per una scena post-credit.